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sabato 17 ottobre 2009

A che serve il lavoro?

Qualche tempo fa sulle pagine del Corriere della Sera, in un’analisi in cui si descrivevano molto bene le distorsioni che hanno portato il mondo nella gravissima depressione economica odierna .......................continua a leggere su http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=42687
di Mario Mauro

La storia: BONIFICO SBAGLIATO

Era una telefonata come tante. Ne arrivano a decine, così, nel back office di un’agenzia. «Scusi, potrebbe controllarmi quel bonifico? Lo aspettavo da un po’ e non è arrivato. Le do gli estremi…». Un’occhiata al pc. Un’altra, più a fondo. E qualche schermata più tardi a Claudio, bancario milanese, tocca rispondere al cliente: «Guardi, con quel numero non ci risulta niente. Non è che può fare un salto qui, che controlliamo meglio le carte?». «Passo nel pomeriggio».Il pomeriggio arriva, il cliente con borsa e documenti pure. C’era solo un numero sbagliato, si fa in fretta a sistemare la vicenda. Però, nel frattempo, è iniziato un dialogo. Quel cliente è un imprenditore, settore meccanica. Racconta della sua azienda. Della crisi. E di una fatica che incalza più che mai, «perché sa, per me il mio lavoro è tutto».È lì che la chiacchierata si fa più fitta. «Scusi, ma lei ha una famiglia, no? Moglie, figli...». «Sì, certo». «Allora vuol dire che il lavoro non è tutto, non crede?». «Be’, in un certo senso… Ma perché, per lei il lavoro non è importante?». E Claudio: «Altroché. Ma è un modo per esprimere me stesso, non è qualcosa che mi definisce. Altrimenti rischia di diventare una trappola». Il bonifico è archiviato. Il faccia a faccia no. Anzi, dura una mezz’ora buona in cui si parla di tutto: gli amici, l’educazione. Spunta persino qualche accenno all’ultima enciclica, prima che quel cliente così appassionato a se stesso e alla sua azienda ammetta: «Sa, non ho mai sentito nessuno parlare così di sé e del suo lavoro. Ma lei dove le ha imparate queste cose?».La risposta è inattesa. Come può esserlo un invito da uno che non conoscevi a qualcosa di cui non hai mai sentito parlare. «Perché non viene a vedere? A fine mese c’è un incontro. Si chiama Giornata d’inizio…». Un istante di silenzio. Poi la borsa si riapre. Spunta un’agenda. «Quando e dove?». E la biro che appunta un numero. Giusto, stavolta. «Io ci sono».
tratto da Tracce N.8, Settembre 2009
www.tracce.it